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Storia di Vibo Valentia

CENNI STORICI
Vibo Valentia, definita qualche decennio fa “giardino sul mare” si distende sul declivio di un colle dal quale nelle giornate nitide è possibile avere una panoramica a 360 gradi; a Nord sono visibili le montagne della Sila e la piana di Lamezia Terme, ad Est la vallata del Mesima con sullo sfondo la Catena montana delle Serre, a Sud è possibile vedere la cima dell'Etna e la piana di Gioia Tauro, ad Ovest il mar Tirreno con la punta di Troppa, Monte Poro e lo Stromboli. Dal 1994 elevata a capoluogo di provincia, è una delle città Calabresi più importanti ed interessanti,ricca di nobile storia e di antiche vestigia. È apprezzato polo industriale e commerciale per la presenza di importanti complessi industriali nel campo dei cementi, dell'industria navale, della lavorazione e vendita di manufatti per l'edilizia, della produzione e trasformazione di prodotti agro-alimentari, della metalmeccanica e di piccola imprenditoria artigianale. Attiva ed elegante ha nel Corso Umberto I e nel Corso Vittorio Emanuele III il suo salotto, luogo di incontri e conversazione per i meno giovani, nella Piazza Martiri d'Ungheria ovvero Piazza Municipio il centro di riunione per i più giovani. Svolge, inoltre, nell'arco di un vasto comprensorio densamente popolato, un suo ruolo culturale grazie alla intensa attività di numerose associazioni e istituzioni culturali e di volontariato. Annovera fra i suoi figli, tra gli altri, Michele Morelli, patriota giacobino, morto a Nola per i sacri ideali di libertà; Vito Capialbi, storico e archeologo; Francesco Zoda, piccante e misterioso pittore; Francesco Antonio Curatoli, pittore ed allievo del precedente; Emanuele Paparo, altro valente pittore; Vincenzo Ammira, uno dei maggiori poeti calabresi in vernacolo; Giov. Battista Marzano, insigne studioso: Luigi Razza. giornalista, politico, deputato al Parlamento e Ministro dei Lavori Pubblici nel periodo fascista, morto in un oscuro disastro aereo nel 1935. Dalla Veip dei Bruzi alla Hipponion dei Greci, alla Valentia dei Romani le sue antiche tracce sono testimonianza di una storia più che millenaria. I resti di una Necropoli preistorica e delle possenti mura (V IV secolo a.C.) presso il cimitero, in località Trappeto Vecchio, il cui complesso costituiva uno dei più consistenti monumenti militari greci della Calabria, della Villa di Sicca,che ospitò più volte Cicerone, sull'incantevole Belvedere di Piazza d'Armi, di un tempio, che i Greci della Magna Grecia dedicarono a Persefone, proiettano la memoria nella lontananza dei tempi. La mitologia racconta che là dove l'aspro sperone del monte Ipponio si protende sul mare di Lampetia (Lametia Terme) la giovane dea Pervefone-Kore, figlia di Zeus e di Demetra, fu rapita un giorno da Plutone che la costrinse a seguirlo nell'Averno su un carro trainato da cavalli furenti. Il padre Zeus dispose che trascorresse i mesi dell'inverno nell'Ade e i mesi estivi sulla terra. In quel luogo fu innalzato un tempio e le fanciulle dell'antica Veip, in primavera, vestite festa, la testa cinta (li fiori, rendevano omaggio alla dea. Già al tempo dei Greci prima e dei Romani poi, fu eletta Municipio, conobbe una sua centralità strategica e politica tanto che ebbe l'onore di ospitare Giulio Cesare, Ottaviano e come si e detto sopra, Cicerone che la ricorda nelle sue lettere. La costruzione della Via Popilia interesso la città che divenne un'importante stazione. La ricchezza di legname, fornito dall'entroterra, favorì il sorgere presso il porto di industrie navali. Fu una delle prime sedi episcopali, che Ruggero il Normanno trasferi nella sua Mileto. Il documento storico più antico nel quale si legge il nome “Monsleo", ossia Monteleone, data il 16 dicembre 1239. Si tratta del “Regesto di Federico lI", ove si decide la fondazione della città, della qual cosa viene incaricato Matteo Marcofava, segretario dell'imperatore. Dal 1240. e nel giro di poco tempo, Marcofava riuscì a raccogliere la popolazione dispersa nelle vicine campagne dopo la distruzione della città ad opera dei Saraceni. Costrinse altresì, a trasferirsi nel nuovo centro, anche numerosi ecclesiastici (si ricorda che il terreno destinato al nuovo insediamento urbano apparteneva ai monaci benedettini di Mileto). Due elementi presenti nelle insegne nobiliari di Matteo Marcofava, ossia il leone e i tre monti, furono riportati sullo stemma della città, per ricordarne l'autore dell'opera di edificazione. Ducato sotto gli Aragonesi infeudato (con molta probabilità abusivamente) ai Pignatelli, si annovero fra i più prestigiosi della Calabria e la città diventò un grande mercato della seta e della lana. In questo periodo sorsero noti complessi monastici, come quello dei Conventuali di S. Francesco, dove dotti frati monteleonesi si educarono nella teologia e filosofia, e dei Gesuiti, che provvidero all'educazione umanistica dei giovani con la istituzione di uno dei primi licei; inoltre chiese, scuole di pittura, biblioteche, la prosperosa Accademia culturale "La Florimontana". Divenne un polo culturale di notevole caratura, specie negli studi classici, la cui tradizione e ancora viva. Federico II vi fece soggiorno a lungo e volle farne un modello di città moderna e laica. Nell'ottocento i Francesi la elevarono a capoluogo della Calabria Ultra e da allora fino a pochi decenni addietro fiorirono tanti mestieri, il cui ricordo è nel nome di strade (Via Forgiari, Via Chitarrari, Via Argentaria, ecc...) e di istituzioni come il Real Collegio Vibonese (Convitto Filangieri il, ancora esistente, e il teatro Comunale, demolito incautamente negli anni ‘60. Sotto il Fascismo, per opera di Luigi Razza, che tra l'altro volle la costruzione del Palazzo del Municipio, eseguito in perfetto stile fascista, ebbe un grande rilancio nel campo dei lavori pubblici. La città ne ha voluto onorare la memoria con un monumento, una statua bronzea, a figura intera, scolpita da F. Longo nel 1938, la quale si erge in Piazza Duomo su un alto piedistallo, sormontato da una stele recante in cima l'effigie marmorea della Vittoria alata. Un'altra effigie gli e stata riservata nel Palazzo del Municipio, a lui intitolato. Nel 1993 con la realizzazione di un solenne monumento, alcuni Vibonesi hanno inteso onorare la memoria del patriota Michele Morelli, martire del risorgimento. Si tratta di una scultura in bronzo eseguita da M. Carnevali, innalzata in Piazza Buccarelli e rappresenta l'eroe nell'atto di lanciare un drappo tricolore a sfida contro i Borboni, mentre ai piedi si stringono i figli d'Italia. Vibo Valentia offre molteplici spunti di osservazione e di studio e raccoglie secoli di storia artistica e monumentale: dalla sua vita romana nelle Terme di S. Aloe, con pavimenti a mosaico policromo (oggi non fruibili), a quella trecentesca nella Chiesa del Rosario (Cappella De Sirica-Crispo), rinascimentale nella Chiesa di S. Michele e settecentesca nel Duomo e in S. Giuseppe; ed ancora nell'attività di valenti artisti locali, che operarono tra il seicento e l'ottocento, come i Curatoli, Paparo, Zoda, Mergolo, Rubino Giulio e Ludovico, Aloi. Nell'ottocento si ebbe in città l'attività più interessante della Calabria, ispirata essenzialmente al gusto neoclassico con G. B. Vinci. Dopo oltre sette secoli, durante i quali si chiamò Monteleone, nel 1928 la città prese il nome di Vibo Valentia.
 
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